Mi avvicino sempre più al mondo dell’Opera lirica. Un mondo a me quasi sconosciuto fino a poco tempo fa.
Mi avvicino collaborando, ormai da qualche anno, al Concorso Internazionale San Colombano. Mi avvicino anche leggendo libri che racontano il Teatro d'Opera.
Poco tempo fa un’amica, Eleonora Bagarotti, mi ha regalato il suo libro: 100 anni di MariaCallas. Nei ricordi di chi l’ha conosciuta pubblicato da Arcana Edizioni. Questa lettura mi ha permesso di conoscere la storia di una donna interessantissima, tanto immensa e creativa a teatro quanto fragile nella vita privata. Particolarmente intrigata dalla atmosfera del libro, sono rimasta in tema e , dopo qualche mese, mi sono immersa nella lettura di un libro che mi ha portato nel mondo del Teatro in generale e del Teatro d’Opera in particolare. Mi riferisco a Gran Teatro Italia di Alberto Mattioli edito da Garzanti (pagg.171, 16 euro).
Il libro trasmette una passione profonda per il Teatro d'Opera e una grandissima esperienza sul campo. L’autore, giornalista, scrittore ha affermato di aver assistito nella sua vita a più di due mila rappresentazioni. Alla base c'è l’intento di raccontare l’Italia agli italiani con spiegando il Paese attraverso le relazioni che i teatri hanno con il luogo in cui sono stati costruiti e con le persone che li frequentano.
Certo i teatri in generale, e quelli d’opera in particolare, esistono in tutto il mondo. Però soltanto in Italia sono diventati di più di un luogo di spettacolo. Sono il fulcro di una vita non soltanto musicale, ma anche mondana, sociale e civile: il centro del centro cittadino, come la piazza o la cattedrale. Fra la città e il suo teatro d’opera c’è simbiosi, un’attrazione, una corrispondenza d’amorosi sensi che hanno forgiato l’identità di entrambi: la città è così perché è così il suo teatro.
L’Italia, spiega abilmente Alberto Mattioli, è un Paese molto vario, dove territori e persone cambiano velocemente da zona a zona; ma il Teatro d’Opera è uno di quegli elementi sempre presenti , uno degli elementi che, come il cibo o le città d’arte, la rende riconoscibile in tutto il mondo.
In pochi anni diventa il made in Italy di maggior successo internazionale…
Partendo dal momento in cui si rappresenta la prima Opera – il risultato di un errore – l’autore racconta le abitudini teatrali operistiche nel Settecento, nell’Ottocento, e nel Novecento sino ad arrivare ad oggi, con brevi accenni anche alle Opere contemporanee.
Da quando si andava a Teatro non tanto per lo spettacolo quanto piuttosto per socializzare, fino almomento in cui, con l’arrivo del maestro Arturo Toscanini, si diffonde un serio rigore, e si assiste puntuali e in religioso silenzio alla rappresentazione.
Alberto Mattioli definisce il Teatro d'Opera un vero e proprio miracolo. Uno spettacolo che a un primo impatto potrebbe sembrare difficile da comprendere per il linguaggio che usa – un italiano letterario che esiste se non sulla carta – ma, grazie alla musica e alle emozioni che trasmette, non solo ha dato agli italiani la consapevolezza di essere un popolo ma anche ha avuto il merito di esportare questa cultura prettamente italiana in tutto il mondo.
Il teatro dell’opera è utopia realizzata, la grande arte per tutti e di tutti, il teatro come identità, comunità e partecipazione.
Il libro prosegue con un viaggio nelle più belle città italiane evidenziando il rapporto che queste città hanno con i loro teatri.
Si parte da Milano sottolineando che fra la città e la Scala c’è un' identificazione totale, identificazione che ritroviamo solo a Vienna con il suo Staadoper.
Per anni la Scala, afferma Alberto Mattioli, è stato l'unico salotto della città. Oggi non è più così e, grazie al cambiamento continuo che caratterizza la nostra epoca, le relazioni sono più complesse e esistono altri luoghi, a volte inconsueti, per socializzare.
Alberto Mattioli parla anche del rito della prima, l'inizio della stagione, e dei cambiamenti che ha subito nel corso degli anni per adeguarsi alla società. La prima rimane ancor oggi un momento importante ed elegante per chi ha l’onore di partecipare. Nel 2022 ad esempio i riflettori erano puntati sulla nostra neo eletta Presidente del consiglio Giorgia Meloni e sul Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Tuttavia, scrive l’autore non tralasciando mai la sua vena ironica, di questa attenzione ed eccitazione l’opera è solo un pretesto e non l’oggetto, visto che poi lo scelto pubblico la subisce come fosse una medicina di quelle cattive in uno stato di rassegnato torpore che, a seconda dei casi, ricorda o la sedazione assistita o il coma profondo.
Il viaggio prosegue andando a Torino città poco italiana che vive con ritmi molto più lenti rispetto a Milano. Il suo Teatro Regio è il simbolo di quanto i regnanti fossero convinti del prestigio e dell’importanza che un imponente luogo di cultura avrebbe potuto dare alla città ma soprattutto alla monarchia.
E poi l’Emilia Romagna dove questa forte passione nasce perché Alberto Mattioli è modenese. Racconta che, appena quindicenne, fu proprio durante una rappresentazione nella sua città che rimase folgorato dal mondo del Teatro dell’Opera innamorandosi di tutti i suoi aspetti, non solo di quelli musicali.
L’autore non dimentica Bologna, con il suo Teatro Comunale. Si sofferma su Parma, città profondamente convinta di avere particolari competenze operistiche per ragioni genetiche. Non tralascia Piacenza e il nostro Municipale sottolineando che è da qualche anno ben gestito e offre alla città una rassegna di tutto rispetto.
Alberto Mattioli dedica anche alcune pagine alla città più turistica al mondo, Venezia, e al suo Teatro d’Opera La Fenice. Ne racconta le vicissitudini e le varie tragedie che ha dovuto affrontare fino all’ultimo incendio, nel non lontano 1996, voluto da due elettricisti che lo causarono pur di non pagare la penale per il ritardo lavori.
E il viaggio continua portando i lettori in altre città italiane come Roma, Firenze, Verona, Palermo, e Siracusa città che continuano a tenere vivo il Teatro d’Opera italiano con le loro rappresentazioni raccogliendo un pubblico differente ma sempre numeroso.
Il viaggio per i Teatri d'Opera non tralascia i teatri piccolissimi, quelli che l'autore definisce lillipuziani. Tale presenza soprattutto nel centro Italia conferma quanto fosse capillare nel nostro paese la diffusione della passione per l'Opera.
Anche quest’anno ho lavorato al Concorso Internazionale San Colombano, e anche quest’anno ho visto centinaia di ragazzi da tutto il mondo, soprattutto dalla Corea del sud e dalla Cina, venire a Piacenza per cantare l’Opera e sottoporsi a una giuria di esperti con l’obiettivo di confrontarsi e migliorarsi. A tutti coloro che pensano che il mondo del Teatro d’Opera sia lontano dai grandi temi della contemporaneità - il cambiamento climatico, il vuoto della politica, le disuguaglianze sociali economiche causate dal consumo e dal denaro - consiglio la lettura completa di questo libro. Il Teatro d’Opera è un grande contenitore di storie ben raccontate che sono ancora in grado di emozionare perché sono mosse da sentimenti che hanno sempre fatto parte dell’umanità.
Alla prossima lettura
Paola