Quando pensiamo a Dante Alighieri ci viene subito inmente l’immagine di un uomo alto, con il naso appuntito, vestito di rosso e sul capo la corona d’alloro simbolo della sua importanza e della grande capacità di comporre versi.
Pensiamo a lui anche come l’autore di un grande capolavoro, capolavoro che noi italiani siamo costretti, spesso di malavoglia, a leggere e studiare, in modo più o meno approfondito, nei nostri percorsi scolastici.
Alessandro Barbero impiega quasi tre anni a scrivere Dante,(Laterza, pagine 361), e l’operazione che compie, nella ricostruzione e nel racconto, è scientifica e dimostra la sua grande capacità di leggere e interpretare i documenti storici che sono la struttura del racconto del libro.Con precisione e partendo dallo studio di autorevoli fonti - non solo le opere dell’autore stesso ma anche atti notarili e documenti commerciali che non sempre in prima persona lo vedevano coinvolto – lo storico ricostruisce la vita di Dante Alighieri non tanto in quanto autore di importanti opere, ma come uomo del Medioevo, un’epoca di cui forse ancora oggi si sa meno delle altre.
Quando scrivo un libro, ha affermato Alessandro Barbero in una recente intervista, parto sempre dai documenti che considero l’intelaiatura del libro. Li ordino, li metto infila e poi inizio a scrivere. Un libro di storia lo concepisco sempre come una serie di documenti commentati.
Tralasciando, o solo accennando il lavoro letterario, Alessandro Barbero si pone come obiettivo in Dante quello di ricostruire la vita di un uomo, non un uomo qualunque ma uno che in quella società era importante e conosciuto e che era stato protagonista attivo della vita pubblica e politica.
Il punto di partenza non è incoraggiante perché l'autore ha più volte affermato che della vita di Dante Alighieri si sa veramente molto poco. Per questo motivo seguiamo i pensierie i suoi ragionamenti che spesso avanzano tra speculazioni e ipotesi, determinanti anche loro per giungere a una visione il più completa possibile di una vita importante.
Il profilo che ne esce è affascinantee il racconto è avvincente fino alla fine. Con timore di semplificare troppo lo riassumo nei seguenti punti.
Dante soldato
Chi legge il libro sitrova dalle prime pagine in una situazione inaspettata: Dante è su un campo dibattaglia, e sta per combattere.
Sabato 11 luglio 1289, giorno di San Barnaba, l’esercito fiorentino che marciava attraverso il Casentino per invadere il territorio di Arezzo arrivò in vista al castello di Poppi, costruito su uno sperone isolato in un’ansa dell’Arno.
L’esercito arrivò in una pianaura che si chiama Campaldino ampia e spaziosa che era il luogo adatto per schierare la cavalleria.
E fra gli uomini a cavallo c’era il giovane Dante Alighieri.
Nei libri di letteratura scolastici, la partecipazione alla battaglia di Campaldino è solo accennata perché grande spazio si dà alle opere. Ma scopriamo qui che Dante Alighieri è stato anche un soldato perché, come tutti i giovani a lui coetanei, era coinvolto in faccende sociali che spesso avevano a che fare con la violenza. Così ha combattuto a cavallo, vestito con la cotta di maglia di ferro, con l’elmo, che generalmente si indossava all’ultimo momento per il caldo, e lo scudo sul quale era rappresentato lo stemma della famiglia. All’epoca appartenere a una famiglia che aveva uno stemma era importante perché dava una precisa identità a una persona distinguendola socialmente dalle altre di condizioni inferiori. E Dante Alighieri poteva permettersi sia lo scudo che il cavallo in quanto apparteneva a una delle famiglie ricche della città.
Essere giovane significava anche andare in guerra quando la patria lo richiedeva.
Dante cittadino, la famiglia d’origine
Dante Alighieri vive a Firenze tra il 1200 e il 1300. La città all’epoca era considerata una grande metropoli, abitata da più di 100 000 abitanti; come tutte le grandi metropoli di allora e di sempre, era in grado di offrire tante opportunità.
Socialmente ed economicamente è tra i privilegiati poiché possedeva una certa disponibilità economica, e poteva vivere di rendita e gestire in prima persona i beni ereditati dal padre come primo di 4 fratelli.
Questa condizione gli consentiva di dedicare tanto tempo alla sua passione: i libri e lo studio. Trascorreva talmente tante ore a leggere e studiare che ad un certo punto si ammalò agli occhi e fu costretto a casa al buio per giorni per non perdere la vista.
La Firenze di Dante Alighieri era anche un importante centro culturale e ciò voleva dire avere la possibilità di frequentare raffinati intellettuali che lo potevano aiutare e guidare nell’approfondimento della sua cultura. Primo fra tutti il tanto discusso Brunetto Latini che probabilmente gli trasmise un insegnamento che mai dimenticò e che così si può sintetizzare: l’uomo può raggiungere l’immortalità anche attraverso le sue opere.
Dante politico
Dante Alighieri partecipò attivamente alla vita politica del Comune della sua città. Da alcuni documenti si può evincere che spesso parlò nei vari consigli comunali che governavano Firenze.
Tra le varie fazioni, lui sischierò senza ombra di dubbio dalla parte del governo del popolo guardando con sospetto i nobili. Ma era comunque un moderato, contrario a qualsiasi forma di violenza. Era considerato una persona di fiducia, uno dei principali esponenti del governo. Si immerge, per lungo tempo, completamente in quell’atmosfera politica che lo porterà al processo e alla condanna all’esilio per concussione. Dobbiamo comunque aggiungere che, nel corso della sua vita, le sue idee cambiarono. Senza esitare, quando le circostanze mutarono, da buon politico, soprattutto su temi come la nobiltà, cmbiò idea.
Dante: l’amore e il matrimonio
L’amore di Dante Alighieri, lo sanno tutti, fu Beatrice detta Bice. Di lei sappiamo veramente poco. Le poche cose che conosciamo le riferisce lui stesso nei suoi scritti.
Nella Vita nuova narra che si incontrano per la prima volta da bambino, quando lui aveva solo nove anni. Era la festa per Calendimaggio, giorno in cui nel Medioevo si festeggiava l’inizio della bella stagione. Era a una festa a casa di Folco Portinari, il padre di Beatrice. Qui Dante Alighieri andò con il padre e vide Beatrice, bambina anche lei, vestita di rosso, e se ne innamorò di un amore infantile che tralascia qualsiasi elemento erotico.
Sappiamo che Beatrice era una ragazza di buona famiglia, che aveva un padre che le voleva bene e che la fece sposare a un ricco banchiere. Gli anni passano e lui la incontrò nuovamente per strada a 17 anni e lei, solo diciottenne, era già sposata e forse aveva anche dei figli. Come tante donne dell’epoca, muore giovane, a soli 25 anni, forse di parto, e Dante Alighieri, devastato dal dolore, impiegherà anni a elaborare il lutto, ci riuscirà solo con la scrittura della Commedia.
Beatrice è stata un amore forte, intenso e ininterrotto per molti anni ,ma anche svalutante se pensiamo che in quel periodo era un grande valore essere governati dalla ragione.
Di Gemma, la donna che sposò, si sa pochissimo. Abbiamo più notizie dei figli, tre maschi e una femmina che chiamò Beatrice (chi può mai sapere se Gemma fosse d'accordo oppure no). Grazie a Boccaccio sappiamo che non è stato un matrimonio felice infatti, al momento dell’esilio, lui parte da solo e lei rimane a Firenze. Del resto era una Donati, la famiglia che deteneva il potere, e quindi poteva rimanere in città in condizione di sicurezza. Dante Alighieri non parlò mai ne della moglie ne dei figli ma questi ultimi saranno vicino a lui a Ravenna negli ultimi anni della sua vita. Da buon padre cercò di aiutarli come poteva cercando di sistemarli dal punto di vista economico e sociale.
Dante in esilio
Alessandro Barbero afferma che degli anni dell’esilio si sa veramente poco perché rarissimi sono i documenti che ci possono dare indizi. Con difficoltà cerca comunque di ricostruire i suoi spostamenti da Bologna a Verona fino a Ravenna dove morì forse di malaria, rientrando da un’ambasceria a Venezia.
Fino al giorno della sua morte Dante Alighieri conservò la speranza di tornare a Firenze. Questo desiderio, a volte fortissimo, a volte meno, era sempre presente negli ultimi anni della sua vita, ma rimase sempre un desiderio insoddisfatto. L’esilio lo costringe a vivere della generosità dei grandi signori. Pur essendo un uomo del popolo, figlio di un affarista, qui, tra i nobili, recupera il ricordo del trisavolo Cacciaguida, nobile e cavaliere, per avvicinarsi ai suoi benefattori. Ne parla e lo fa diventare protagonista di 3 canti del Paradiso. (forse per mettersi in buona luce con coloro che lo ospitavano?).
Il fatto che era un poeta famoso, un uomo politico, un intellettuale, un professionista dell’epoca dell' arte della comunicazione politica, fece si che venisse considerato utile per i signori e quindi veniva trattato con rispetto. Ma questo rimane comunque il periodo più sofferente dal punto di vista emotivo anche se più fruttuoso da quello creativo. Perché è il periodo in cui tocca con mano come sa di sale lo pane altrui e come è duro calle lo scender e ‘l salir per le altrui scale.
Conclusione
Dante Alighieri è uomo interessante per sua complessità. Da un lato è incredibilmente moderno quando parla d’amore e scrive dei versi che esprimono emozioni che potrebbero essere provate anche da noi, nel 2020. Allo stesso tempo è senza alcun dubbio un uomo del suo tempo, uno studioso, un raffinato intellettuale che ha pagato in prima persona per le sue idee.
Perché quindi è importante parlare oggi di Dante Alighieri?
Perché è l’autore di uno dei più grandi capolavori della letteratura italiana: La Divina Commedia, un’opera che, e qui cito le parole di Alessandro Barbero, è un classico che ancora oggi, per qualche misterioso miracolo, continua a parlarci.
Potrebbe Dante Alighieri essere protagonista della maturità 2021? Assolutamente sì. Nonostante la sua presenza nel passaggio più importante degli studenti italiani non sia stata assidua in passato, la celebrazione del settimo centenario della sua morte potrebbe essere un buon pretesto per renderlo protagonista di una delle prove.