Essere donna oggi,, a 32 anni, senza un compagno, con un passato doloroso ancora da metabolizzare, un lavoro impegnativo, coinvolgente, a volte pericoloso, e comunque, desiderare un figlio.
Ecco la condizione di partenza in cui si trova la protagonista di Assenza da giustificare, di Alessandra Acciai, pubblicato da Piemme nella collana editoriale Giallo.
Il nome della protagonista è Alina Mari, una giovane donna che non dà la minima importanza alla cura del suo corpo ed ha un brutto carattere: non le piace il contatto fisico e tiene le persone sempre a distanza. Chi si avvicina trova un muro di difesa quasi impossibile da superare. Alina Mari è una donna sempre in tensione e non riesce mai a fidarsi degli altri. Questo modo di vivere forse è dovuto al fatto che ha trascorso la sua infanzia in orfanotrofio, senza un padre e senza una madre. Nella sventura comunque può ritenersi fortunata perché in quel luogo decisamente triste ha trovato un fratello, Tito, e un padre, Adriano Trama che le ha insegnato quel mestiere che svolge con tanto scrupolo. I tre insieme possono considerarsi la sua famiglia particolare, non quella in cui nasci ma quella che ti crei nel corso della vita.
Alina Mari è appena stata promossa ispettrice di Polizia. Lavora intensamente, è brava, ma la sua vita privata è quasi inesistente. Vive in solitudine in un camper trasformato in baita dal suo amico Tito.
L’incipit del libro è un po’ spiazzante: Alina Mari è a Bruxelles in una clinica per fare un’inseminazione artificiale. È stato proprio il suo caro amico Tito che le ha donato il seme per aiutarla ad esaudire il suo desiderio. Ma perché una come lei,completamente priva di senso materno, con un lavoro pericoloso e coivolgente e senza un compagno o una famiglia dovrebbe volere un figlio?
Nello sviluppo del racconto lei pensa e si analizza. Forse vorrebbe riparare l’errore fatto dai suoi genitori oppure vorrebbe costruire una nuova storia, quella che sarà la sua futura storia.
Ma l’inseminazione non avviene. Alina Mari la blocca improvvisamente.
Il suo capo, Angelo Bosisio, che è decisamente una brava persona, la chiama e la vuole velocemente a Roma per occuparsi dell’omicidio di una donna. Angelo Bosisio ha piena fiducia in lei, è convinto che abbia le stesse capacità lavorative di Angelo Trama che rimane per tutto il racconto una sfortunata figura sullo sfondo.
A Roma Alina Mari non lavora da sola, c’è una squadra di persone attorno, una squadra che ancora non ha conquistato e che la guarda con diffidenza. Lorena Schillaci, una poliziotta molto diversa da lei, che sfoggia un corpo curvilineo e accattivante, Romeo Romeo, l’informatico, e Vito Giuliani poliziotto maschilista e predatore di donne che la guarda sempre con diffidenza, come se non appartenesse al genere femminile.
La vittima è un’insegnante di un importante liceo romano. Il profilo che emerge dalle prime indagini è quello di una donna amata e stimata, una donna che considerava il suo lavoro, l’insegnamento, come una missione.
Mai un ritardo, mai un’assenza, mai una malattia. Dicono di lei.
Sia i colleghi che i ragazzi le volevano bene, era sì esigente e severa ma anche sempre attenta alle loro necessità.
La vittima si chiamava Elena Cantini, cinquantuno anni, insegnante di italiano al liceo Parini, viveva sola, quartiere Trieste. Nubile, senza figli, senza fratelli e sorelle, orfana di madre. Suo padre invece è vivo, si è trasferito da molto tempo a Lisbona e si è risposato. Incensurata. La morte risale fra le otto e le dieci ore fa, secondo il medico legale. L’arma del delitto con tutta probabilità è la pietra. Si suppone che, dopo averla ammazzata, l’assassino le abbia tagliato l’anulare. Forse per sfregio, forse per portarsi via un souvenir. Nella borsa abbiamo trovato il suo portafoglio con dentro cento euro, ma nessun apparecchio elettronico, né computer, né cellulare».
Elena Cantini lascia un cane che suo malgrado diventa un personaggio importante del libro. Alina lo prende con sé e da subito si lega a lui con affetto e con un forte senso di responsabilità.
Le indagini inizialmente scavano e cercano di ricostruire il mondo della vittima. Si interrogano persone nella scuola e al di fuori. Si studiano i delitti simili commessi in passato e si arriva anche a instaurare relazioni con omicidi portati a termine anni prima nella zona con la stessa modalità.
L' indagine tocca nel profondo Alina Mari e diventa anche il suo personale percorso dicrescita. Dal buio iniziale si arriva alla soluzione del caso. Dalla una fase di chiusura di partenza, Alina Mari si apre al mondo. Perché non sai mai cosa ti può accadere nella vita.
I cambiamenti infatti infatti arrivano inaspettati e bisogna essere sempre pronti ad accoglierli. Quando sei sicura di stare sola per sempre può accadere di incontrare un uomo e innamorarsi. E all’inizio questo cambiamento può spaventare una come Alina Mari che vuole con tutte le sue forze restare rigida sulle sue posizioni. Poi con fatica cambia, si lascia andare e si rende conto che se una persona ti vuole bene, ti può anche proteggere anche da sé stessa e dalla sua ignoranza affettiva. E poi ...
Il sesso incasina tutto perché risveglia i bassi sentimenti: rabbia, gelosia, egoismo, possesso.
Già dalla copertina si nota che sullo sfondo del racconto c’è Roma, una Roma raccontata da chi la conosce bene.
Quanto sei bella, sì. Ed è questo che i turisti apprezzano, bevendosi a caro prezzo tutte queste baracconate. Pensiamo di fregarli, ma la fregatura implica ingenuità, inconsapevolezza, e invece loro sanno, ma decidono semplicemente di stare al gioco, accettano le regole, si godono la rappresentazione.
Assenza da giustificare è la prima indagine dell’ispettore Alina Mari. L’autrice è Alessandra Acciai, una vera professionista dell’arte di raccontare. È infatti attrice, televisiva e cinematografica, sceneggiatrice e produttrice. A tutto ciò abbina già da anni il piacere e il desiderio della scrittura che esprime al meglio in questo libro che vanta una prosa veloce e incalzante piena di particolari propri della vita quotidiana. Per questo non mi meraviglierei che il romanzo si sviluppasse in una sceneggiatura televisiva o cinematografica.
Il libro lascia nel finale una domanda a cui Alina Mari risponde con le sue azioni.
È una domanda a cui spesso ho pensato ed è la seguente: Ci sono cose più importanti della verità?
Mi sento in conclusione di rispondere, al di fuori del racconto del libro. È mia opinione credere che solo gli stupidi dicono sempre e comunque la verità. È molto più importante essere consapevoli della realtà dei fatti e allo stesso tempo avere cura e attenzione per il benessere e il rispetto delle persone.
Alla prossima lettura
Paola