Come parlare di Keyla la rossa, l’ultimo romanzo pubblicato da Adelphi di Isaac B. Singer, Premio Nobel per la letteratura nel 1978? Non è facile.
Incomincerò dalla prima sensazione che ho avuto quando ho letto l’ultima parola della storia. È un libro che, grazie al modo in cui è scritto, senza dubbio sprigiona un’energia esplosiva incarnata soprattutto nella figura della protagonista. Il suo nome per esteso è Keyla Leah Kupermintz, è detta Keyla la rossa per la folta chioma rosso fuoco che contrasta con la sua pelle bianchissima. A ventinove anni ha già praticato per anni il mestiere più antico del mondo ma ora si sente una ex prostituta perchè in un bordello ha incontrato Yermiahn Eliezer Holtzman, conosciuto da tutti come Yarme, ex galeotto, che l’ha sposata e portata a vivere con lui.
La coppia conduce la sua vita matrimoniale a Varsavia, in via Krochmalna, nel quartiere ebraico, la stessa via in cui da giovane ha abitato Isaac B. Singer e che ha sempre considerato un luogo di grande ispirazione per le sue storie. Questa è una strada molto popolata e piena di contraddizioni: si sentono le urla uscire dalle taverne dove si mangia e si beve la vodka, si può pregare nelle case di preghiera ma si può anche andare nei bordelli, ci sono personaggi di ogni tipo tutti appartenenti al mondo popolare.
Keyla la rossa è orgogliosa della sua nuova condizione, di aver lasciato il passato alle spalle e si occupa volentieri della casa e delle sue mansioni di moglie. Solo quando beve ritorna, per modi di fare, quella che era prima. Yarme, ladro e truffatore, la ama teneramente ma le ripete in continuazione che non è geloso di lei, che può andare con altri uomini ma che devono sempre raccontarsi tutto.
Anche se hanno pochi soldi, una sera decidono di andare a teatro per vedere una commedia che arriva dall’America. A teatro incontrano Max lo storpio, una persona ben conosciuta da entrambe. Keyla la rossa lo aveva conosciuto in un bordello, mentre Yarme era stato il suo compagno di cella e amante durante un periodo di detenzione per reati commessi. Max è piccolo e zoppo ma ben vestito. Psicologicamente instabile poteva essere tutto ma poco dopo anche il contrario di tutto.
Era razionale e pazzo, compassionevole e ferocemente crudele, coraggioso e vile. Amava le donne ma allo stesso tempo le disprezzava.
Max lo storpio ha viaggiato a lungo nel nord America e nel sud America e da poco è tornato a Varsavia con molti soldi. In questo periodo ha avuto molte donne ma lui, per sua natura, preferisce gli uomini. A Varsavia Max lo storpio è tornato per Yarme e rimane attonito quando riconosce Keyla. Così pensa...
Buon Dio! È andata a letto con centinaia di uomini ed è ancora fresca come una rosa, com’è possibile?
Keyla ha paura, lo considera il diavolo. Max non si stacca più da loro e gli propone un affare: adescare, con il suo impareggiabile carisma, giovani donne locali e portarle in Argentina, dove ci sono tanti uomini soli e desiderosi di compagnia femminile; lì aprire un bordello dove Keyla la rossa sarebbe stata la tenutaria. Keyla non vuole più tornare alla vecchia vita ma le cose peggiorano. Una sera Max sorprende Keyla da sola e la violenta brutalmente. Si prospetta così per la povera donna un rapporto a tre malato a cui lei vuole sottrarsi.
Non si può cambiare la propria vita in meglio e poi ritornare ancora verso il basso! Il matrimonio era stata la gioia più grande della sua vita, ma ora, con l’arrivo di Max, tutto è cambiato. Si rende conto che tra i due uomini c’è un’intesa e pensa che ormai la considerano solo merce di scambio. Keyla si sente sporca e vuole pentirsi. Pur avendo fatto per anni un lavoro profondamente immorale, non ha mai dimenticato le sue origini ebraiche perciò il suo punto di riferimento è il rabbino.
"Rabbi ho peccato". "L’onnipotente, è un Dio misericordioso. Se ci si pente con tutto il cuore, lui perdona."
Per Keyla si apre uno spiraglio. Decide di allontanarsi per sempre dal marito e da Max, i due uomini malvagi attratti da lei. In casa del Rabbino incontra Bunem, il figlio e anche il terzo uomo che rimarrà coinvolto nella vita di Keyla. Bunem possiede tutto ciò che c’è di intrigante nella giovinezza: è di bell’aspetto, è biondo, è colto, ama l’arte e, per praticarla, frequenta un’atelier di scultori e pittori dove si parla spesso di politica, di rivoluzione e di ingiustizie sociali. Del resto siamo nel secondo decennio del 1900 e i tempi sono maturi per questi argomenti. Frequenta l’atelier anche Solcha, una giovane donna anarchica di cui Bunem è innamorato. Keyla è disperata piange e urla , Bunem ha pietà di lei e la porta a dormire nell’atelier dove, grazie alla donna, conosce per la prima volta le gioie e gli smarrimenti dell’amore. In uno stato di grande eccitazione Bunem continua a chiedersi se quello che sta vivendo sia o no un vero amore. Comunque i due non riescono a stare lontani.
Un anno dopo li ritroviamo in America, a New York dopo un viaggio avventuroso. Sono dovuti scappare: Keyla per sfuggire a Yarme e Max e Bunem, dopo l’arresto di Solcha, per sfuggire dalla polizia polacca che lo riteneva un possibile rivoluzionario. A New York vivono nel quartiere ebraico, ad Attorney street, una via che per odori , suoni e modalità di vita è molto simile a via Krochmalna di Varsavia. L’unica differenza è che qui sembra che la religione forse è un po’ più lontana. Il sogno americano non si avvera, tutte le loro aspettative restano deluse e qui vivono di umili lavori ma in una casa insieme, dove Keyla, nonostante le difficoltà, si occupa di tutte le faccende domestiche con gran piacere.
Di giorno aveva spesso la sensazione di essere ancora a bordo di una nave. La città rumoreggiava come un mare in tempesta… ma le notti erano tranquille. Vicino a Bunem. Per la legge era ancora la moglie di Yarme ma adesso era Bunem suo marito davanti agli uomini e forse anche davanti a Dio.
Il diavolo ritorna per rovinare la vita della coppia. Max lo storpio e Yarme sono a New York e rivogliono la donna che ritengono una loro proprietà. Per andare avanti tra tanti problemi bisogna avere tanta energia e in questo caso l’unica che dimostra di averne è proprio Keyla la rossa, la donna dei bassifondi, protagonista indiscussa di questa storia che combatte instancabilmente contro tutti. Sarà lei l’unica che alla fine si salverà, fine che sarà libera a tante interpretazioni.
Keyla la rossa è apparso a puntate su un quotidiano Yiddish di New York negli anni settanta. Come libro Singer non lo ha mai voluto stampare. Lavorando su appunti e manoscritti la casa editrice Adelphi, grazie alla curatrice Elisabetta Zevi, è arrivata a questa pubblicazione. Chi legge rimarrà sicuramente affascinato dal vortice narrativo e dal ritmo veloce del racconto, forse potrebbe rimanere un po’ deluso da un finale troppo aperto. Se era questo che voleva l’autore non possiamo saperlo sicuramente possiamo dire che il risultato è un eccellente prodotto editoriale assolutamente da leggere.