Il silenzio del mondo di Tommaso Avati pubblicato da Neri Pozza (pag 205, 17 euro) è una lettura bella, facile e scorrevole. Una lettura che mi ha aperto le porte di un mondo che non conoscevo. Una storia di crescita, di evoluzione e di conquista che ci fa capire come siano infinite le potenzialità dell’essere umano.
L’ultimo libro di Tommaso Avati ci porta a riflettere sulla vita che conducono i sordi, sulle discriminazioni che sono costretti a subire e sulle strategie creative che mettono in atto per comunicare con gli altri.
Ma il libro è soprattutto sul potere del linguaggio come capacità che differenzia l’uomo dagli altri esseri umani perché, quando comunichiamo, esprimiamo la nostra individualità che è fatta di parole ben organizzate in regole di grammaticali. Solo così arriviamo a ottenere uno scambio di informazioni e quindi a crescere in ogni aspetto della nostra identità.
Tommaso Avati è il figlio del noto regista Pupi Avati ed è a sua volta sceneggiatore, scrittore e docente. Dopo Ogni città ha le sue nuvole e Quasi tre, esce ora in libreria, come già affermato sopra, con Il silenzio del mondo.
Il libro esce incontemporanea con Vedere Voci di Oliver Sacks, pubblicato dalla casa editrice Adelphi, libro che, ben diverso dai precedenti scritti del famoso medico-scrittore, tratta l’argomento comune allo scrittore italiano. Entrambi i libri, anche se utilizzano tipologie di scrittura differenti, affrontano la sordità, condizione da tanti ignorata e spesso discriminata ma che ha all’interno una profonda potenzialità: un linguaggio completamente visivo che, attraverso i segni, esprime una comunicazione completa e assolutamente diversa da quella che i non udenti sono soliti usare. Un linguaggio che consente ai sordi di uscire da quell’isolamento e quello stato di inferiorità in cui vengono solitamente relegati.
Il medico americano racconta che negli anni passati ci sono state da parte della comunità udente, decisi comportamenti che avevano come fine quello di costringere i sordi a non usare i segni. Il caso più emblematico e più drammatico è stato senza dubbio il Congresso Internazionale degli educatori dei sordi, che ha avuto luogo a Milano nel 1880, dal quale furono esclusi gli insegnanti sordi e durante il quale si decise di non utilizzare più la lingua dei segni che era già allora il naturale modo di esprimersi per molte persone, anche bambini.
Da allora tutte le scuole europee licenziarono gli insegnanti sordi, abbandonarono la lingua dei segni e divennero esclusivamente“oraliste”. Tutto ciò per divulgare un insegnamento solo in lingua orale in virtù della sua indubbia superiorità rispetto alla lingua dei segni.
Sacks ci apre questo mondo e dimostra come la lingua dei segni non sia semplicemente un altro modo di parlare, ma come sia una lingua vera e propria che ha la parte forte nella gestualità e permette anche di esprimere pause e toni molto simili al discorso parlato. È una lingua completa quindi che può anche creare poesie, tenere il ritmo con le espressioni facciali, mentire e fare i giri di parole. Ciò spiega inoltre che, a livello neurologico, quello dei segni è un linguaggio vero e proprio, e come tale viene trattato dal cervello, permettendo la crescita intellettuale della persona.
Lo stesso argomento, come ho già detto prima, viene trattato da Tommaso Avati nel suo ultimo romanzo. Lo scrittore, per andare più nel profondo, utilizza come mezzo espressivo quello che naturalmente gli è più consono ovvero la narrazione attraverso la scrittura.
Ne Il silenzio del mondo racconta la storia di tre donne, legate tra loro e appartenenti a tre generazioni diverse. Sono nonna, madre e nipote e tutte e tre, in quanto sorde, utilizzano la lingua dei segni. La loro storia copre un lasso di tempo lungo, parliamo di un secolo, che va dagli anni venti del 1900 fino ai giorni nostri.
La prima parte è dedicata a Rosa, una bambina che viene adottata da due mezzadri poveri, per soldi. Siamo in pieno periodo fascista e l’attenzione verso i sordi è praticamente nulla. L’isolamento è l’unica condizione possibile per lei ad eccezione di qualche basico tentativo da parte della madre di trovare un contatto, essendo un po’ più sensibile del padre. La sua fortuna è quella di incontrare casualmente una misteriosa signora che le insegna una rudimentale lingua dei segni permettendole allo stesso tempo di comunicare e sviluppare la sua intelligenza, con grande stupore della madre.
E Lina rimase per un instante così, a bocca aperta a guardarla senza naturalmente capire nulla, rimbambita da quella sequenza di movimenti che, per quanto assurdi insignificanti e senza senso, avevano comunque una loro grazia seducente e ipnotica.
Figlia di Rosa è Laura costretta a sposare un uomo non per amore ma per permettere a lui di riparare a una violenza da lei subita. Nella sua vita, in questo matrimonio senza amore, sviluppa un forte risentimento verso gli udenti che considera apertamente nemici di quelli come lei.
E infine c’è Francesca, figlia di Laura e nipote di Rosa, anche lei sorda. È senza dubbio la più evoluta delle tre. Ha un lavoro che le piace e vive una vita sentimentale simile a quella degli altri ragazzi della sua età.
In una recente intervista Tommaso Avati ha dichiarato che conosce molto bene il mondo da lui descritto in questo libro perché anche lui è sordo e da anni porta due protesi acustiche pur avendo anche sviluppato la capacità di leggere le labbra per sopravvivere e trovare un contatto con il mondo.
Il libro parla fondamentalmente di lui ma, ben lontano dall’essere un’autobiografia, vuole raccontare la tragedia di essere un sordo non riconosciuto dai suoi familiari.
L'autore ha anche affermato che il libro vuole essere soprattutto una forma di riscatto per tutte quelle persone sorde che sono state considerate ritardate e non hanno avuto l’attenzione che meritano. E vuole anche trasmettere il messaggio che i sordi non sono persone meno intelligenti ma solo persone ferite.
Concluderei questo post con le seguenti tre domande.
Dopo l’illuminante libro di Oliver Sacks, dopo il bellissimo romanzo di Tommaso Avati, cambierà la percezione che noi udenti abbiamo verso i sordi? Riusciremo, a dare loro tutte le opportunità che meritano? Li accoglieremo nella nostra cultura in modo paritario considerando il loro modo di esprimersi assolutamente uguale al nostro consentendogli così di esprimere la loro individualità?
Sono tutte domande che aspettano una risposta.
Alla prossima lettura
Paola