“Spesso vorrei cambiare il mondo, poi lo ritengo un affare dispersivo e dispendioso e limito dunque le mie attenzioni, per qualche minuto al giorno, al posto che conosco meglio, la ridente città di Tricase”. Scrive Alfredo De Giusppe nel suo libro “Anni di getto”.
Ho comprato questo libro alla libreriaMarescritto nel pieno centro di Tricase, in Salento. Questa è una piccola libreria indipendente dove, in uno spazio limitato, ci sono tantissimi libri, alcuni negli scaffali che raggiungono il soffitto, altri impilati in colonne poco stabili. Appena entrata, una ragazza molto gentile di nome Isabella mi ha servito. Le ho chiesto un libro che mi facesse conoscere meglio la sua città e lei senza esitazione mi ha consigliato “Anni di getto.”
Questo libro non è né un romanzo né un saggio ma una raccolta di articoli scritti tra il 2006 e il 2016 che testimoniano la presenza costante e attiva nella vita pubblica dell’autore a Tricase. Si racconta in primo luogo la vita in questa piccola città, una città che, nonostante le emigrazioni e il turismo, che spesso è considerato un elemento di disturbo, preferisce vivere addormentata e non affrontare i problemi che, risolvendoli, potrebbero migliorare la vita degli abitanti. Si racconta la politica locale, si fanno i nomi e si narrano i fatti precisi, non sempre edificanti, descrivendo una classe politica poco attenta ai cambiamenti globali. Si mette in relazione la realtà locale con quella italiana, si parla dei "grandi" politici evidenziando il loro completo evitare qualsiasi comportamento di tipo etico; intendendo per etica il rispetto per le persona che ci circondano, per l’ambiente, per le regole e la civiltà umana nella sua totalità.
L'autore si dichiara fermamente contrario a una politica che parla alla pancia delle persone, che guarda solo ai piccoli e grandi interessi e si pone a favore, con decisione, di un modo di pensare e di agire nel pieno rispetto dell’umanità.
In "Anni di Getto" non si parla solo di politica o di problematiche concrete del vivere a Tricase, si racconta anche degli eroi del nostro tempo e questi articoli, veri e molto sentiti, sono quelli che ho apprezzato di più.
Gli eroi di Alfredo De Giuseppe, non sono le persone famose che compiono gesti eclatanti ma sono quelli “che resistono qui”, ovvero quelli che continuano a vivere, nonostante tutto. E così conosciamo Mesciu Alfredo, calciatore elegante e molto forte, che, nel dopo guerra, si era dovuto accontentare di riparare biciclette e tutta la vita ha sempre rimpianto di non essere nato in un altro periodo storico, un periodo senza guerra. Conosciamo Salvatore Brigante, aspirante scrittore di storie poco coerenti dal punto di vista narrativo, che cerca, in mezzo a tanta confusione, la felicità a tutti i costi. Gigi Urso, calciatore prima e allenatore poi, che si suicidò pur di non dover affrontare i disagi e il deperimento della malattia. Don Tonino Bello, poco amato dai politici locali, che fu grande sostenitore della pace e della dignità umana. Ucci Aloisi, grande cantante di pizzica che rimase sempre la persona semplice che era nonostante la notorietà. Luigi D’Aversa,operatore ecologico, che considerava la piazza di Tricase il suo salotto e la puliva ogni giorno con cura meticolosa. Rocco Longo, sarto, aveva, e forse ha ancora, un negozio che era il punto di ritrovo dei vecchi della città. Roberto Brigante, che emigrò in Svizzera e continuò a vivere là senza mai rinnegare le sue origini, portando in questo paese la sua cultura di uomo del sud. Ed infine il ritratto forse più commovente, Erminia Santacroce, la professoressa di Tricase, che tutti ricordano perché si prendeva tanto a cuore i suoi studenti, cercava di capirli e aiutarli come se fossero suoi figli.
Dalle informazioni che ho trovato ho appreso che Alfredo De Giuseppe è molto conosciuto a Tricase perché si è sempre impegnato su diversi fronti. È stato calciatore e poi allenatore, imprenditore nel settore alimentare, collaboratore di riviste e autore di libri, politico e fondatore di un movimento e infine regista di documentari. Dai suoi scritti ne viene fuori una figura di intellettuale a tutto tondo, una persona che cerca di comprendere il periodo storico che sta vivendo; lo vuole spiegare e migliorare perché si sente parte di esso.
Così, grazie a questo libro, ho conosciuto meglio Tricase, una cittadina che si trova nel Capo di Leuca e che ha questo nome strano perché nasce dall’unione di tre casali; una città che vive di artigianato, commercio e, come ho detto prima, mal sopportato turismo. In questo viaggio mi sono resa conto che il Salento è bellissimo, non tanto per la cucina che è tra le più gustose d’Italia, non tanto per le spiagge accoglienti e il mare caldo, ma per i paesi e le cittadine dell’interno, che se li frequenti di giorno, in estate, sono avvolti dal caldo torrido e da un torpore umano; si vivacizzano solo dopo il tramonto per lasciare spazio alla movida notturna.